Roberto Cecere, segretario generale della Cisl di Latina, ha scritto una lettera al direttore sanitario Giorgio Casati, affinché si attivi per creare le condizioni di umanizzazione della degenza ospedaliera delle persone che soffrono. “Nella prevenzione e nella gestione della pandemia – ha detto Cecere – non possiamo disumanizzare la cura, dimenticandoci di essere umani”.
La missiva nasce dalla riflessione di Cecere dopo aver visto un servizio al Tg1. “Un’anziana malata di Covid – ha spiegato il segretario della Cisl Latina – che aveva deciso di lasciarsi andare, ma che ha ripreso a lottare quando è riuscita a rivedere i suoi familiari, seppur attraverso un vetro. La carezza di una figlia erano le mani appoggiate su una finestra: dall’altra parte la mamma, che di quel gesto, nell’isolamento di un reparto Covid, aveva bisogno come dell’aria che la malattia le aveva tolto. Ricoverata da un mese all’ospedale di Arezzo, per giorni la signora Gioconda aveva rifiutato le cure e il cibo”. Poi l’incontro, attraverso un vetro, con la figlia e la nipote e subito dopo la ripresa.
“Quanta poca umanità c’è stata in questa gestione della pandemia? – si è chiesto Cecere – Sebbene vi sia stata e vi è tuttora una lotta senza quartiere al virus (e di questo va dato atto a tutte le forze che si sono impegnate negli ospedali, dagli infermieri, ai medici, a tutto il personale che garantisce l’efficienza della strutture), allo stesso tempo a causa della pressione a cui la società è stata sottoposta non ci siamo preoccupati dell’umanità del paziente.
E’ tempo di umanizzare la cura e la lotta al virus, ma soprattutto di dare speranza a chi è chiuso negli ospedali. È una problematica che non si può più sottacere”. E questo si può fare creando “dei protocolli – ha concluso – dove saltuariamente una moglie, un figlio, un parente possano rivedere il proprio caro”.