“Non solo il datore di lavoro: anche il committente di un’opera deve rispettare le normative sulla sicurezza, rispetto totalmente mancato nel tragico caso di Gianni Ceccato”. Il commento arriva da Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, incaricato dai familiari dell’artigiano 65enne di Sabaudia che ha perso la vita l’8 marzo 2017 a seguito di un incidente sul lavoro.
Per il terribile l’infortunio costato la vita all’uomo hanno patteggiato due anni di reclusione, con pena sospesa, e 1.600 euro di multa ciascuno, i due imprenditori agricoli che erano stati indagati in qualità di committenti del lavoro “fatale”, e di cui era stato chiesto il rinvio a giudizio. Un primo passo importante per i familiari della vittima che, per ottenere giustizia, tramite il consulente personale Angelo Novelli, si sono affidati a Studio 3A.
“Il tragico incidente – spiega una nota stampa dello Studio 3A era successo presso l’azienda agricola zootecnica ubicata a Latina, in via Magliara 44, tra le campagne di Borgo Faiti e Borgo San Michele, dove avevano sede le due imprese agricole di S. L., 27 anni, di Latina, dedita alla coltivazione dei cereali, e quella di R. D. M., 37 anni, pure lui del posto, un allevamento di bovini, bufalini e produzione di latte: la prima affittuaria e il secondo proprietario del complesso aziendale. I due imprenditori avevano affidato a Ceccato, che aveva a sua volta un’impresa individuale edile artigiana, l’incarico per i lavori di riparazione e impermeabilizzazione della copertura del fabbricato rurale aziendale adibito a stalla. Mentre, alle 9.30 del mattino, era impegnato nella riparazione del tetto, a causa del cedimento di alcuni pannelli di eternit dello stesso, l’artigiano era caduto da un’altezza di quattro metri finendo, purtroppo, dentro il cassone di una macchina miscelatrice di foraggi in funzione che si trovava giusto sotto e la cui elica metallica non gli ha lasciato scampo. I soccorritori – si sono precipitati vigili del fuoco, sanitari del Suem e gli agenti della squadra Volanti – hanno solo potuto recuperare a fatica il corpo”.
Il Pm della Procura di Latina, Luigia Spinelli, ha subito aperto un procedimento penale per il reato di omicidio colposo iscrivendo nel registro degli indagati prima S. L. e successivamente anche R. D. M., sulla base delle prime informative dello Spesal (Servizio di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) dell’Asl di Latina, che ha effettuato i rilievi e condotto le indagini con il supporto anche degli uomini della Polizia Scientifica. E disponendo immediatamente, come da prassi, l’esame autoptico, per stabilire le cause del decesso: incarico affidato al dottor Tommaso Cipriani, medico chirurgo specialista in medicina legale. Il consulente tecnico d’ufficio ha confermato come la morte sia stata dovuta alle conseguenze della caduta all’interno del macchinario in funzione.
A conclusione delle indagini preliminari, con atto del 14 dicembre 2017, il Sostituto procuratore ha quindi chiesto il rinvio a giudizio per i due imputati perché – come recita l’atto – “in cooperazione colposa tra loro, e in violazione delle norme in materia di sicurezza e salute degli ambienti di lavoro, contribuivano a cagionare e comunque non impedivano il decesso di Ceccato Gianni”.
Tra le varie norme cautelari antinfortunistiche violate, alla ventisettenne, in particolare, si imputa “di aver omesso di verificare, prima di intraprendere i lavori di manutenzione della copertura tramite la ditta Ceccato, ogni misura necessaria volta a individuare la presenza di materiale contenente amianto, anche chiedendo informazioni al proprietario dei locali, in violazione dell’articolo 248 co. 1 del D.Lgs 81/08”, mentre l’inadempienza maggiore contestata al trentasettenne è quella di aver omesso di istallare “sull’albero cardanico che collegava la trattrice agricola Ladini al carro taglia miscelatore Sgariboldi idonee protezioni per evitare il contatto dell’operatore con gli organi di movimento dello stesso albero e, inoltre, di installare dispositivi di blocco dell’attrezzatura quando la stessa si trovava con la portella posteriore nella posizione aperta e bracci fresa sollevati”. Dunque, l’ennesima morte bianca evitabile se solo si fossero osservate le norme.
A fronte della richiesta del Pm, il Gip del Tribunale, Laura Matilde Campoli, ha pertanto fissato l’udienza preliminare per il 12 luglio e in quella sede i due imputati hanno scelto il rito alternativo patteggiando, appunto, due anni. Ora ci si aspetta una rapida risposta anche in sede civile dove Studio 3A sta operando per ottenere un congruo risarcimento per i propri assistiti.