Capitolo 5
Il secondo capolavoro di Pozzo: l’oro di Berlino 1936
di Giovanni di Giorgi
Direttore editoriale della casa editrice Lab DFG
Il successo dei Mondiali di calcio organizzati in Italia aveva dimostrato al mondo intero la capacità dello sport di attirare le grandi masse e trasferire l’immagine del modello vincente che esso rappresentava. E come era prevedibile Adolf Hitler volle che le Olimpiadi di Berlino colpissero il mondo con forza, come strumento eccezionale di propaganda. E così fu. L’organizzazione e gli impianti sono monumentali. Ma la scena la ruba decisamente Jesse Owens, al secolo James Cleveland, ventitreenne freccia d’ebano dell’Alabama, che vince l’oro di 100, 200, salto in lungo e staffetta, umiliando le teorie ariane.
Il torneo olimpico di calcio è di livello alto, ma non assoluto: mancano l’Uruguay, il Belgio e la Cecoslovacchia, protagoniste su tutti i gradini del podio delle prime edizioni.
Vittorio Pozzo, rispettando i vincoli olimpici sul dilettantismo, allestisce in poco tempo una selezione formata da studenti universitari che, per la stragrande maggioranza, non hanno mai calcato i campi della Serie A.
Gli Azzurri trascinati da Annibale Frossi, che gioca con gli occhiali non per vezzo ma perché miope, spazzano via Stati Uniti, Giappone e Norvegia in semifinale.
In finale, allo stadio Olimpico di Berlino davanti a centomila spettatori ostili, li attende l’Austria che, come l’Italia, aveva partecipato ai Giochi con una formazione di dilettanti. La Nazionale italiana passa in vantaggio con Frossi al 70′ ma dieci minuti più tardi pareggia Kainberger e si va ai supplementari. Ci pensa ancora una volta Frossi a rimettere le cose a posto, con il gol che vale, ancora oggi, l’unico oro olimpico del calcio italiano.
La medaglia d’oro conquistata dall’Italia ai Giochi Olimpici di Berlino del 1936 è il secondo capolavoro di Vittorio Pozzo che, guidando una banda di giovanotti allegri e incoscienti, pressoché privi di esperienza internazionale e orgogliosi di onorare la maglia che indossano, dà loro dedizione assoluta e viene ripagato come forse non avrebbe mai immaginato.
Nel prossimo capitolo il terzo capolavoro di Pozzo, i Mondiali del 1938.