“Prendiamo atto della pronuncia del Tar del Lazio che, all’esito un contenzioso vecchio di quattro anni, conferma la diffida della Regione Lazio del giugno del 2017 e continuiamo a lavorare serenamente e seriamente come fatto sino a oggi. I nostri legali sono al lavoro per valutare il da farsi e per ora possiamo comunque dire che ci sembra si tratti di una sentenza profondamente inesatta e quindi ingiusta”.
Questa la stringata dichiarazione con cui Fabio Altissimi, amministratore di Rida Ambiente, ha commentato la recente pronuncia del Tar in uno dei numerosi contenziosi che lo vede contrapposto alla Regione Lazio. “Si tratta di una sentenza molto complessa, lunga 50 pagine e che, peraltro, per la gran parte si limita a constatare il sopravvenuto difetto di interesse in capo a Rida perché la società sarebbe stata soddisfatta da atti della stessa amministrazione o da sentenze intervenute nel corso del lungo giudizio – prosegue Altissimi -. Nonostante ciò, per le altre parti, siamo convinti che le motivazioni date dai giudici si basino su presupposti assolutamente infondati e del tutto contrari a fatti documentalmente accertati, tant’è vero che già in sede di appello cautelare non avevano persuaso il Consiglio di Stato (il riferimento è all’ordinanza del giudice d’appello che aveva accolto il ricorso cautelare di Rida sulla stessa questione). E’ come se la sentenza fosse stata scritta a più mani con chi ha impugnato la penna a volte estraneo a tutto il dibattimento precedente alla sentenza. Nella pronuncia si fa riferimento a delle analisi richieste dal Tar ma mai consegnate. Si tratta di una mistificazione della realtà: la procura ha sequestrato una biocella, sul materiale contenuto in quella biocella Arpa ha fatto delle analisi e queste sono risultate favorevoli a Rida Ambiente, come abbiamo avuto modo di sottolineare in un precedente comunicato stampa. Quelle risultanze sono state formalmente consegnate ai giudici che però dicono di non averle prese in visione all’interno della sentenza. Un pronunciamento dove si confonde, per fare un altro esempio, un impianto per i rifiuti liquidi con uno per i rifiuti solidi o si fanno affermazioni sorprendenti, in palese e inspiegabile contraddizione con tutti gli atti del giudizio. Ora – conclude Altissimi – siamo già al lavoro per analizzare tutti i documenti richiamati dalla sentenza, un’attività che ci richiederà almeno 20 giorni di lavoro. Successivamente decideremo il da farsi. Quello che non consentiremo sono le mistificazioni di chi è abituato al ‘gioco delle tre carte’ e si sta già esercitando in interpretazioni distorte, fuorvianti e denigratorie”.