Ventisette decreti di perquisizione sono stati effettuati dai carabinieri del Nas di Latina, in collaborazione con i militari del Gruppo Carabinieri Ts di Roma e dei comandi provinciali di Latina e Frosinone, nell’ambito delle indagini sugli attestati professionali contraffatti, utilizzati per svolgere attività lavorativa all’interno di strutture sanitarie in assenza di specifiche competenze.
L’attività d’indagine è stata avviata in virtù di una segnalazione di una struttura sanitaria privata di Cassino, in provincia di Frosinone, che venuta a conoscenza dalla stampa delle risultanze investigative di una precedente indagine, conclusa nel mese di marzo 2018 dallo stesso Nas, ha segnalato ai carabinieri vari operatori in possesso di attestati per operatori socio-sanitari simili a quelli già sequestrati nell’ambito dell’indagine in questione.
Le perquisizioni hanno avuto esito favorevole. I militari hanno rinvenuto e posto sotto sequestro numerosi attestati professionali contraffatti, in possesso dei 27 indagati.
Le indagini svolte, coordinate dalle Procure della Repubblica di Cassino e Latina – Pm Emanuele De Franco e Latina e Valerio De Luca -, hanno consentito, a seguito di accertamenti svolti presso gli istituti emittenti ed i rispettivi Uffici Regionali, di acclarare la falsità materiale di 27 attestati per operatore socio sanitario, avvalorati dall’illegittima apposizione dei loghi della Regione Lombardia e della Provincia di Milano e di individuare responsabilità penali a carico dei possessori degli stessi che, consapevoli dell’illegittimità del documento acquistato (al costo unitario di euro 1.500/2.000) lo hanno utilizzato comunque quale titolo per poter essere impiegati nella struttura sanitaria. “Tale sequestro – fanno sapere dall’Arma – assume un particolare rilievo anche in ragione dell’evoluzione giuridica che la qualifica della professione di Operatore Socio Sanitario (O.S.S.) ha avuto con l’entrata in vigore della Legge 11 gennaio 2018, n. 3 (c.d. Legge Lorenzin). I possessori degli attestati, infatti, avrebbero potuto avere un illegittimo accesso ai corsi di formazione per il conseguimento della nuova figura professionale, che è stata inclusa tra le professioni socio-sanitarie proprio dalla richiamata normativa”.