Avevano chiesto al gestore dello stabilimento balneare che ha confessato ieri di essere il responsabile dell’attentato alla sede del Parco nazionale del Circeo, un campione di dna per confrontarlo con quello trovato su un asciugamano lasciato davanti la sede dell’ente Parco al momento dell’attentato intimidatorio.
Sull’asciugamano c’era il sudore di chi, il 24 giugno scorso, avrebbe messo le taniche con il liquido infiammabile e i proiettili indirizzati al comandante. Giovanni S. si era rifiutato e il pubblico ministero aveva così disposto il prelevamento coatto.
È stato a quel punto che il 67enne ha deciso di confessare ed ha chiesto di essere interrogato. Ha così ammesso i fatti e si è detto pentito. “Non avevo intenzione di dare fuoco alla sede dell’Ente – ha spiegato – e non mi spiego i segni a terra di bruciato. Mio figlio non c’entra nulla. Ho fatto tutto da solo”. Insomma, l’uomo, difeso dagli avvocati Giampiero Vellucci e Gaetano Marino, secondo quanto ha raccontato agli inquirenti, avrebbe voluto soltanto intimorire, ma non appiccare il fuoco.