L’Aspal Lazio già negli anni passati ha espresso tutte le sue perplessità in merito al reddito della viticoltura del proprio territorio. Negli ultimi sedici anni si sono persi oltre il 50% della superficie vitata a livello regionale, il prezzo delle uve non è mai salito, anzi, in alcune annate è addirittura diminuito, tanto da indurre gli agricoltori ad estirpare le proprie vigne.
“La dimostrazione che le nostre uve ed i nostri vini non siano valorizzati a sufficienza – dicono dal direttivo Aspal Lazio-, viene dal fatto che nei giorni passati, in un servizio trasmesso da un tg Mediaset, addirittura un ristoratore del nostro territorio, ad una domanda del giornalista, ha risposto, pubblicizzando un vino della costiera amalfitana, fregandosene completamente dei nostri vini che in passato sono sempre stati il fiore all’occhiello della viticoltura italiana”.
“La nostra associazione – evidenziano dal direttivo dell’Aspal Lazio -, ha presentato alle istituzioni locali da alcuni anni a questa parte la necessità di costituire un marchio unico, che caratterizzi tutti i vini e le uve dei castelli romani e il nord della provincia di Latina all’interno di un unico consorzio di tutela che ne rivendichi le caratteristiche, le qualità e soprattutto un prezzo remunerativo per gli agricoltori. Purtroppo nessuna istituzione locale, ne tanto meno la Regione Lazio, interpellata più volte dalla nostra associazione, ha preso a cuore questa problematica, impegnandosi insieme a noi per trovare una soluzione che potesse far fronte a questa situazione di estrema crisi economica e sociale del nostro territorio vitivinicolo. Una crisi aggravata dal fallimento di tutte o quasi tutte le cooperative vitivinicole”
“Ormai il mercato delle uve nel Lazio – aggiungono – è rimasto in mano a poche cantine private e a qualche cooperativa, che spesso fanno cartello sul prezzo. Oppure, quando non fanno cartello, non garantiscono un prezzo sufficientemente remunerativo che possa permettere agli agricoltori di avere un reddito minimo tale da consentire loro di poter continuare a lavorare i propri vigneti”.
“La nostra associazione – conclude il direttivo Aspal -, ritiene, alla luce di quanto sopra evidenziato, che per garantire un discreto prezzo ai viticoltori del nostro territorio regionale sia necessario partire da subito da un prezzo base di almeno due euro a grado babo. Bisogna considerare che quest’anno le calamità naturali nella nostra regione, sia le gelate primaverili ad aprile che la siccità degli ultimi mesi, hanno compromesso gran parte del raccolto per le uve da vino e per l’ortofrutta, tanto che la Regione Lazio ha chiesto al Governo il riconoscimento dello stato di emergenza e di calamità naturale per tutti gli eventi calamitosi avvenuti da gennaio a luglio 2017.Speriamo che chi di dovere recepisca questo nostro messaggio, e anche gli agricoltori si sveglino, ed imparino a farsi pagare il loro prodotto ad un prezzo giusto che possa soddisfare le loro esigenze!”