L’emergenza sanitaria ha portato a galla numerosissimi problemi, molti dei quali ancora da affrontare e forse alcuni resteranno con noi per molto tempo. Tra i dibattiti nati in relazione all’emergenza covid c’è anche quello relativo all’uso di internet ma soprattutto delle app di tracciamento, tra cui anche Immuni, l’app tutta italiana per monitorare il virus che verrà ora testate in alcune regioni. Ma come funzionano queste app? E soprattutto come vengono utilizzati i nostri dati?
Le app di tracciamento
Immuni, l’app di tracciamento progettata per il contenimento del virus, non funzionerà attraverso un vero e proprio tracciamento satellitare – come avviene per altre app e anche per i servizi di navigazione – ma si affiderà al Bluetooth e a dei codici ID anonimi e crittografati, che comunicheranno con i telefoni in prossimità e che potranno essere decifrati solo da autorità sanitarie.
Sotto questo punto di vista dunque l’app sembra sicura ed effettivamente il Bluetooth è molto più difficile da hackerare rispetto a reti Wi-Fi (soprattutto quelle pubbliche). Rimane il problema di come e per quanto tempo verranno salvati i dati degli utenti – e soprattutto saranno davvero così anonimi? Secondo un nuovo sondaggio condotto da ExpressVPN – su base americana, ma facilmente applicabile nel resto del mondo – il 75% delle persone ritiene che le app di tracciamento violino la privacy di una persona e il 77% è convinto di essere a rischio di sorveglianza di massa a lungo termine a causa dell’aumento delle applicazioni mobili di tracciamento dei contatti.
Dove vanno i nostri dati personali
Molti di noi se ne saranno accorti: ogni volta che si installa una nuova app sul telefono vengono richieste delle autorizzazioni per accedere a varie informazioni sul nostro dispositivo, dalla posizione alla rubrica. Non tutte queste autorizzazioni però servono effettivamente al corretto funzionamento delle app. Prendiamo Facebook: un elenco quasi inesauribile di richieste di autorizzazione, incluso l’accesso a foto e video, testi e calendario, nonché la possibilità di registrare audio e di aggiungere ed eliminare i contatti. A cosa servono tutte queste informazioni? E come vengono usate?
Una ricerca dell’Università di Oxford ha dimostrato come il 90% delle app del Play Store (ma l’App Store di Apple non dà risultati molto diversi) condivide i dati degli utenti con terze parti. A questo punto le informazioni vengono usato a scopo pubblicitario e per profilare meglio gli utenti, invitandoli a scaricare altre app o ad usare determinati prodotti attraverso annunci mirati. Tutte queste attività naturalmente generano introiti.
Alcune soluzioni per la app e le privacy
Che si tratti di un’app per la salute o di una per svago, come utenti abbiamo dei diritti e abbiamo anche la possibilità di informarci e di leggere attentamente le privacy policy delle app che usiamo, ma anche rifiutare di condividere tutte le informazioni richieste. Inoltre è possibile utilizzare degli strumenti per proteggere e salvaguardare i nostri dati personali e la nostra privacy: installare un adblocker, usare una VPN anche sul router, fare attenzione a che download effettuiamo e attivare delle misure di sicurezza anche sul nostro dispositivo mobile.