C’è anche un appassionato di danza tra le vittime delle estorsioni messe in atto dal clan Di Silvio. E’ quanto emerge dalla corposa ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Roma, Antonella Minunni, a carico delle 25 persone arrestate a Latina la scorsa settimana nell’ambito dell’operazione Alba Pontina. Il reato viene contestato ad Agostino Riccardo, in qualità di esecutore, e a Gianluca, Samuele, Ferdinado Pupetto e Armando Di Silvio, detto Lallà, in concorso. Il fatto risale a fine agosto 2016 e si protrae fino alla prima metà di settembre in un’escalation di intimidazioni nei confronti della vittima, di Latina, costretta a pagare 1.500 euro per la sua “protezione”. Giorni drammatici per il malcapitato che si recherà tre volte in Questura per sporgere denuncia. “Non riesco più a dormire, non posso più vedere mio figlio perché ho il timore di essere seguito fino a casa”, dirà ai poliziotti.
Tutto avrebbe avuto inizio il 29 agosto di due anni fa, con una telefonata del fratello. Non si parlano da anni, non hanno rapporti eppure quella sera squilla il telefono: vieni subito nel mio ufficio che ci sono delle persone che ti cercano con insistenza. Incredulo, esegue l’ordine… L’inizio di un incubo e l’incredibile richiesta di denaro per conto della sua ex fidanzata, anche lei con la passione del ballo, residente in provincia, e del suo attuale compagno, il titolare nel capoluogo di un esercizio commerciale. Riccardo e company avrebbero spiegato al ballerino che il recupero credito, 5.000 euro, a fronte della vendita di un veicolo e di un intervento chirurgico, sarebbe stato in mano a “gente di Napoli”. La vittima non capisce il senso della richiesta, perché dopo una scazzottata avvenuta un anno prima con il rivale di allora in amore sarebbe scoppiata la pace. Un “chiarimento” per intercessione di Cha Cha. E allora chi aveva di fronte in quel momento gli avrebbe spiegato che “gente di Napoli” non avrebbe esitato a lasciarlo lungo (ucciderlo) ma poiché a Latina non comandava la “gente di Napoli” loro erano lì a fornirgli protezione. Ma sarebbe servito un “regalino” di 2.000 euro.
La vittima sarebbe stata disposta in quel momento a cedere il suo scooter, ma al rifiuto degli estorsori – spaventato a morte – sarebbe corso dalla sua attuale fidanzata, commessa in un noto negozio di Latina, per chiederle la tessera del bancomat e prelevare del contante. Tornerà dai suoi aguzzini con 1.500 euro e la promessa di saldare a breve la somma mancante nella speranza che fosse lasciato in pace. Invece per la sua salvezza ne sarebbero serviti almeno 4.000 di euro, perché in fondo 2.000 euro era il prezzo pagato dall’ex rivale in amore alla “gente di Napoli”.
La vittima denuncerà l’intimidazione continua, la pressione psicologica a seguito della presenza degli aguzzini nei luoghi da lui frequentati, mostrando conoscenza delle sue abitudini, della sua professione, dei veicoli in suo uso, del luogo esatto di dove si trovava in qualsiasi momento.
Agli inquirenti Renato Pugliese, il pentito del clan, riferirà che l’idea di estorcere denaro sarebbe venuta a Riccardo, che frequentava il locale gestito dal fidanzato dell’ex del ballerino. Lì avrebbe preso informazioni: un benestante, una gallina dalle uova d’oro da tenere sotto stress anche quando andato a Ponza con la moglie avrebbe continuato a mandargli messaggi intimidatori. Secondo il pentito l’estorsione sarebbe poi stata interrotta per intercessione di altra persona che a Lallà avrebbe suggerito di lasciare perdere perché la vittima diversamente sarebbe andata sporgere denuncia. Cosa già fatta, ma a loro questo era probabilmente sfuggito.