Sembra ancora di ricordare il suo sbattere della mano sulla scrivania, per richiamare l’attenzione della redazione o per esprimere l’incazzatura del momento. Luigi Cardarelli aveva già le corde vocali compromesse quando entrai a far parte di Latina Oggi. Al nostro primo incontro, capitano nel giorno in cui si celebravano i funerali dei fidanzatini di Cori uccisi a coltellate, si scusò dicendomi: “Ho il mal di gola”. Un mal di gola perenne, capii subito dopo, che certo non gli aveva impedito di esprimere il suo pensiero nelle diverse forme umane.
Non era solo lo scrivere del mestiere a farlo parlare, ma anche quel modo di rapportarsi a chi aveva difronte elaborando ragionamenti complessi e acuti. E se per un attimo mostravi perplessità, in quel solo istante necessario a rielaborare il concetto, mai scontato, era solito aggiungere: “All’Università ho fatto Filosofia”.
Un giornalista o lo ami o lo detesti, o tutte e due le cose insieme. Cardarelli lo studiavi. Il suo Settimo Giorno diventava la domenica un saggio di vita quotidiana, lungo, dissacrante, pungente al punto giusto. A volte mi serviva tornare al capoverso precedente per rubare il segreto di un mestiere non facile. In redazione tutti lo chiamavano Gigi. Io lo chiamavo direttore, anche quando insieme ad altri colleghi, abbiamo intrapreso una nuova esperienza nel quotidiano “La Provincia di Latina”. Una decisione sofferta per tutti noi.
Il direttore aveva la schiena dritta ma non era perfetto, perché la perfezione non è condizione dell’essere, ma certo ha svolto la sua professione al meglio delle possibilità. E non è poco, quando hai alle spalle un editore ingombrante quanto Giuseppe Ciarrapico, il “Ciarra” con le sue inenarrabili ciarrapicate, a cui va comunque il merito di aver avuto un’intuizione imprenditoriale senza la quale non staremo qui a scrivere.
Di Luigi Cardarelli conservo ancora un insolito “pizzino” recapitatomi a mano dal “maresciallo”, la segretaria di redazione Antonietta Romaldetti, contenente un “grazie” inaspettato per aver condotto in solitaria un buon lavoro in occasione di una tornata elettorale fatta di numeri e percentuali, in un’epoca ancora lontana dal web e dalle comunicazioni istantanee.
Del direttore conservo le sue battute, il suo ripetere le citazioni di Paola, sua moglie, e di Maddalena sua figlia. “Papà, se eri bravo non stavi a lavorare per Ciarrapico”, ci diceva Cardarelli per “consolarci” a modo suo quando avevamo da lamentarci del Ciarra. Non saprò mai se la frase attribuita a Maddalena era vera o inventata. Conservo il suo essere, riservatamente, orgoglioso per Francesco. Sì Francesco Cardarelli, il professore della Normale di Pisa, che nei giorni scorsi ha ottenuto un finanziamento dall’Unione europea per il progetto “Capture3D” per la lotta al diabete ed altre patologie.
Di Francesco ne abbiamo parlato tanto due anni fa, quando insieme al direttore, a Paola e ad altri colleghi, siamo andati in quel di Montorio al Vomano per prendere parte ad un evento in ricordo del 15° anniversario della morte di Massimo Santarelli, che prematuramente all’età di 39 anni ci aveva lasciati per sempre.
Oggi saluto il direttore Cardarelli, abbracciando i famigliari e i colleghi che insieme a me da ora in poi si sentiranno un po’ orfani.