Due arresti per caporalato a Terracina. Gli agenti della questura di Latina questa mattina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Latina nei confronti di F.T., 52 anni, e D.T., 22 anni, padre e figlio entrambi residenti a Terracina e titolari di una azienda agricola del luogo.
Gli inquirenti si sono convinti, dopo attente indagini, che i due, in concorso tra loro e a vario titolo, si siano macchiati dei reati di estorsione, rapina e lesioni personali aggravate, nell’ambito dello sfruttamento di braccianti agricoli stranieri.
Le indagini hanno avuto inizio dopo l’accesso al pronto soccorso dell’ospedale di Terracina di un giovane 33enne di origini indiane, con ferite al capo riconducibili ad un corpo contundente, fratture e lesioni personali in altre parti del corpo.
L’uomo sarebbe stato picchiato per le continue richieste al datore di lavoro di Dispositivi di Protezione Individuali, alla luce dell’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19. Tali richieste, oltre a non essere accolte, avrebbero portato i due indagati a licenziare il lavoratore, che in risposta alla sua rivendicazione del salario spettante per le giornate lavorative già prestate, è stato ingiuriato, minacciato, percosso con calci e pugni ed infine gettato in un canale di scolo.
Gli investigatori hanno identificato i braccianti agricoli al servizio dell’azienda, tutti di origini straniere, ed hanno rilevato un sistematico sfruttamento economico, con condizioni di lavoro difformi alla vigente normativa in materia di sicurezza e sanitaria.
I braccianti infatti erano costretti a lavorare anche 12 ore al giorno, tutti i giorni della settimana, senza fruire di alcuna giornata di riposo o festiva, tanto meno di congedi per malattia. La paga oraria era di 4 euro senza alcuna maggiorazione per il lavoro prestato nei giorni festivi. Infine, in busta paga veniva contabilizzato solamente un terzo delle giornate di lavoro effettivamente prestate.
Nel corso di un controllo nessuno dei braccianti era provvisto dei dispositivi a tutela della normativa di sicurezza e dell’igiene, anche per evitare i contagi da COVID-19, che sono stati rinvenivano all’interno delle abitazioni degli indagati i quali, evidentemente, non avevano ritenuto di distribuirle ai loro dipendenti.
Nello specifico, T.F. è stato sottoposto alla misura personale coercitiva degli arresti domiciliari, mentre T. D. alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G..