Riconosciuta con sentenza del Gup l’associazione di stampo mafioso del clan Ciarelli-Di Silvio, Claudio Moscardelli ritiene necessario accendere nuovamente i riflettori della Commissione Antimafia su Latina e provincia. “La sentenza – afferma Moscardelli, ex componente della Commissione – ripercorre i legami tra esponenti della destra ed esponenti del clan. E’ necessario che riprendano le inchieste su tanti lati oscuri della commistione tra politica e clan e dei condizionamenti politici ed elettorali”.
Le considerazioni dell’ex senatore Moscardelli, oggi segretario provinciale del Partito democratico, sono state al centro di un recente incontro con il senatore Franco Mirabelli, con il quale nella passata legislatura ha condiviso l’esperienza in Commissione Antimafia. Mirabelli oggi è di nuovo in Commissione. Insieme hanno ripercorso il lavoro portato avanti con la senatrice Rosaria Capacchione che si era reso indispensabile per fare luce su Latina e dare forza all’azione di contrasto dello Stato che si concretizzò con le investigazioni degli uomini del Questore Giuseppe De Matteis, supportati dallo Sco, che portarono all’operazione Alba Pontina. Ma la recente sentenza, secondo Moscardelli, non basta: “E’ necessario riprendere le indagini e quindi riportare su Latina l’attenzione della Commissione Antimafia”.
Le parole di Moscardelli sono pensanti quanto un macigno, anche alla luce degli omissis relativi alle dichiarazioni dei cosiddetti pentiti del clan.
“È indispensabile – afferma – istituire una sezione della Dda a Latina come presidio nel basso Lazio rispetto all’aggressione della criminalità. Rifiuti, usura, racket e droga sono tra i principali affari delle organizzazioni criminali insieme alla penetrazione nel tessuto economico e professionale della nostra realtà con il riciclaggio di denaro sporco. Troppe inchieste sono rimaste ferme e troppe situazioni scottanti sono rimaste fuori dalle inchieste. Il Pd con un’azione costante ha prodotto un’iniziativa serrata e costante nel contrasto implacabile ai clan. A Latina il Pd ha avuto la forza per mandare a casa la destra che governava in collegamento con i clan e pezzi delle istituzioni e ha messo lo Stato nelle condizioni per contrastare davvero la criminalità che è stata classificata di stampo mafioso. Il Pd ritiene indispensabile – aggiunge il segretario provinciale – rilanciare nuovamente l’azione di contrasto rispetto al silenzio e al quieto vivere che sembrano aver ripreso terreno nella condotta di contrasto dello Stato”.
Moscardelli si lascia andare ad una ricostruzione storica degli ultimi 20 anni di Latina, ovvero da quando sarebbe partita l’ascesa del clan autoctono. E’ il 9 luglio 2003 quando Ferdinando Di Silvio, presidente di cooperativa – specifica Moscardelli – per aria al Lido di Latina con un’autobomba. “L’azione di contrasto alla criminalità organizzata – afferma l’esponente del Partito democratico – era praticamente inesistente e lo Stato a Latina aveva abdicato al suo ruolo. Il clan con oltre mille soldati aveva il controllo delle attività criminali del territorio e diveniva massa di manovra elettorale tra voti diretti, voti estorti, voti pagati e brogli elettorali. Nel 2009 il tentativo dei Casalesi per entrare a Latina è stato respinto con successo dal clan Ciarelli – Di Silvio. Eppure a Latina ancora nel 2010, dopo le prime inchieste di Niccolò D’Angelo e gli omicidi di gennaio, si organizzavano cene elettorali con il clan per le regionali 2010. Pasquale Maietta era conteso nel centrodestra fino a diventare il padrone del Comune di Latina e deputato di Fratelli d’Italia, tesoriere del gruppo parlamentare alla Camera. Cha Cha festeggiava: a ragione era contento poiché le mani sulla città erano ben salde. Istituzioni dello Stato, vertici delle forze dell’ordine, politici di centrodestra, professionisti, imprenditori e società civile in genere erano in tribuna d’onore allo stadio ad omaggiare la società di calcio dominata dai vincenti Maietta e Cha Cha. Il punto più basso delle istituzioni e della città di Latina, asservita alla criminalità organizzata”.
“La Commissione Antimafia ha acceso i riflettori su Latina ed è stata con il fiato sul collo su tutte le istituzioni per reagire”, rivendica Moscardelli.
“Al clan Ciarelli-Di Silvio è stata contestata e confermata in sentenza da ultimo l’associazione di stampo mafioso avendone tutte le caratteristiche. Finalmente il passaggio che rende chiari i connotati della mafia di Latina. Però – ribadisce Moscardelli -, troppe inchieste sono rimaste ferme, concluse e in attesa di provvedimenti. Perché? Tutto il filone del riciclaggio di denaro non è stato portato alla luce. Sul rapporto con la politica, dopo quanto emerso nei rapporti con l’ex deputato di Fratelli d’Italia Maietta, ci sono stati i pentiti e le sentenze che parzialmente ripercorrono il condizionamento mafioso di elezioni e politica. Ci aspettiamo che il lavoro delle forze dell’ordine venga valorizzato”.
“Sono almeno 15 anni da indagare ma nulla trapela – insiste l’ex senatore componente della Commissione Antimafia -: politica, edilizia, riciclaggio, voto di scambio. A Latina c’è chi vorrebbe chiudere la parentesi 2014-2017 di lotta senza quartiere alla criminalità. Troppe collusioni negli anni favolosi della gara ad essere in tribuna d’onore allo stadio: allora ‘Latina era da bere’ e i clan sembravano lanciati senza ostacoli”.
“Il Pd – conclude deciso il segretario provinciale – impedirà che il clan ritorni a ‘governare’ Latina. Servirà ancora la presenza della Commissione Antimafia a Latina“.