Sono 18 gli ormeggiatori del Sisto che in queste ore hanno ricevuto gli avvisi di conclusione delle indagini del sostituto procuratore Giuseppe Miliano relative alle attività insediatesi lungo il fiume Sisto da anni. Agli accertamenti svolti dal 2013 fino alla scorsa estate hanno preso parte gli uomini di Capitaneria di Porto, Nucleo investigativo della Forestale, Carabinieri e alla Squadra nautica della Polizia di Stato che hanno sistematicamente mosso eccezioni di varia natura, confluiti secondo la sintesi del Pm Miliano in diverse ipotesi di reato.
Gli indagati
La chiusa inchiesta è stata notificata ai seguenti indagati: Alessandra S., Giuliano Sante C., Domenico C., Graziella F., Gina B., Nadia M., Giuseppina D.S., Giuseppe V., Luigi A., Mario P., Assunta C., Maria Grazia D.A., Sandra M., Giovanni S., Renata B., Amedeo D.P., Gennaro V. e Gianluigi I., ovvero i titolari o rappresentanti legali della maggior parte delle ditte che lungo il Sisto svolgono attività di ormeggio di imbarcazioni da diporto. A vario titolo viene contestato, ai sensi del Codice Penale, di aver arbitrariamente invaso al fine di occuparle proprietà demaniali in prossimità del corso d’acqua con varie strutture, anche di servizio rispetto all’attività posta in essere, e di specchi acquei del demanio marittimo mediante pontili e simili manufatti i violazione agli articoli 54 e 1161 del Codice della navigazione. Inoltre Alessandra S., Domenico C. Giuseppina D.S., Giuseppe e Gennaro V., Assunta C. e Amedeo D.P. risultano indagati per la violazione dei sigilli apposti alle loro strutture nel 2013 e ripetutamente violati. Ricevuti gli avvisi di conclusione delle indagini, i destinatari hanno ora venti giorni di tempo per presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del proprio difensore o di sottoporsi ad interrogatorio, dopodiché il pubblico ministero deciderà se chiedere il rinvio a giudizio o procedere all’archiviazione.
L’inchiesta
Nel 2013 la Capitaneria di porto operò i primi sequestri in considerazione dell’assenza del rinnovo delle concessioni da parte dell’Ardis (Agenzia regionale per la difesa del suolo). A questo punto, gli imprenditori “colpiti” denunciarono alla Procura presunte irregolarità da parte dell’agenzia regionale che nel rinnovo delle concessioni, a loro dire, avrebbe trattato le pratiche in modo parziale. Gli ormeggiatori dissero che erano stati puniti per non aver sottostato alle modalità di adeguamento delle strutture come imposto dall’Ardis. L’anno successivo alle prime violazioni dei sigilli accertate dal Nipaf, gli stessi imprenditori alzarono il tiro con manifestazioni di protesta davanti alla sede della Regione Lazio. Negli stessi giorni, tuttavia, gli agenti della Forestale non solo risequestrarono le strutture arbitrariamente “liberate” ma apposero anche i sigilli presso le ditte che, sebbene avessero ricevuto l’ok dall’Ardis per l’occupazione delle sponde del fiume, risultavano sprovvisti di concessione demaniale marittima. Un fulmine a ciel sereno per diversi imprenditori che credevano di stare in regola avendo adeguato le proprie strutture in base alle prescrizioni dell’Ardis. Ma ai nuovi sequestri seguirono a più riprese altrettanti dissequestri da parte del Gip. Il giudice accolse infatti le tesi della difesa degli ormeggiatori che sostenne che se gli imprenditori erano stati autorizzati per i pontili sulle sponde appariva lecito il proseguire delle stesse in acqua. Ma a carico di questi, liberati in via incidentale dai sigilli, resta aperto il procedimento del Pm. La scorsa estate i nuovi controlli operati da carabinieri e polizia hanno portato a nuove contestazioni in termini di violazione dei sigilli apposti nel 2013 e poi rinnovati nel 2014. Insomma, una storia tormentata che ha fatto di Foce Sisto un fiume pieno di irregolarità per le quali è auspicabile, anche ai fini turistici, di una rapida “bonifica”.