Alla AbbVie licenziamenti individuali per ragioni economiche. Eppure la multinazionale ha da poco acquistato il marchio della casa del Botox per oltre 63 miliardi di dollari. Una contraddizione che spaventa il personale, 1300 dipendenti tra la sede apriliana di Campoverde e quella di Roma.
Nei giorni scorsi la multinazionale ha irrogato due licenziamenti, di dipendenti che stavano ad Aprilia poi trasferiti a Roma, per ragioni economiche e ristrutturazioni aziendali. In periodo di crisi non sembra una novità eclatante, ma lo diventa se l’azienda in questione, sempre attenta alle problematiche dei lavoratori, dopo un consistente investimento arriva a figure come se nulla fosse. Appena lo scorso anno un rapporto di Pharma RepTrak del Reputation Institute ha premiato la nota multinazionale come l’azienda farmaceutica con la reputazione più alta in Italia. Ma allora cosa succede alla Abbvie di Aprilia?
L’azienda è stata considerata tra le prime quattro multinazionali dove i lavoratori lavorano meglio e la prima nel suo settore. Nel Workplaces Italia 2017 così dichiarava “…Il significativo avanzamento registrato da AbbVie nella classifica Best Workplaces 2017 rappresenta per noi un risultato importante…è un riconoscimento del costante impegno rivolto ad accrescere il benessere dei nostri dipendenti e creare un ambiente di lavoro stimolante improntato alla collaborazione e al dialogo”.
Le performance aziendali aumento incessantemente. Prova ne è la lieta notizia apparsa lo scorso mese su “Il Sole 24 Ore” dell’acquisto del marchio Botox. Ma lei, l’ultima figura soppressa, l’altro ieri è entrata allo stabilimento, ha timbrato il cartellino, ma varcata la soglia del suo posto di lavoro le è stato consegnato uno scatolone: licenziata in tronco, invitata a prendere e portare via le sue cose.
L’ormai ex dipendente AbbVie ha dato mandato a Fabio Leggiero, avvocato giuslavorista del Foro di Latina, di impugnare il licenziamento.
L’avvocato Leggiero ha ritenuto percorribile e assolutamente legittima la battaglia giudiziaria “stante le criticità del provvedimento di licenziamento”, facendo rilevare che negli ultimi anni si sta assistendo soprattutto nelle grandi industrie, a frequenti e immotivati licenziamenti non sempre correlati alle esigenze organizzative o economiche e comunque nel rispetto della legge. ”
Si dimentica sempre più spesso – ha affermato l’avvocato Leggiero – che allorquando al vaglio Giurisdizionale siano comunque dimostrate le ragioni della crisi, il datore di lavoro non è mai libero di licenziare un dipendente, ma ha invece l’obbligo contrattuale di ricollocare il lavoratore in ogni reparto e/o area di disponibilità; deve in sostanza fare il possibile per salvaguardare il posto di lavoro. Il rammarico nella vicenda è che nel caso di specie, una Big Pharma non ha fatto il possibile a salvaguardia delle proprie maestranze. Nei prossimi mesi la battaglia proseguirà nelle aule del Tribunale Lavoro”.