L’atteggiamento di controllo del Governo che “dipinge i pubblici impiegati alla stregua di fannulloni” ha portato il personale amministrativo del tribunale di Latina e del giudice di pace a dichiarare lo stato di agitazione.
Non sono state accettate le misure sulle impronte digitali e sull’iride addirittura per verificare la presenza dei dipendenti in sede, né il “ritorno a metodi autoritari” come la pagella. I lavoratori lamentano poi condizioni economiche mortificanti e una inadeguatezza del piano di assunzioni preannunciato dal ministero della Giustizia. Neanche i buoni pasto sarebbero adeguati e addirittura non spendibili nella regione Campania, dalla quale provengono tanti dipendenti.
Motivo di lagnanza anche lo stato delle relazioni sindacali con la presidenza del tribunale, definita “assolutamente insoddisfacente” per la chiusura di ogni forma di dialogo su materie rilevanti quali sicurezza sui luoghi di lavoro, orario di lavoro, orario flessibile” e altri temi.
Per questo motivo la Cgil e la Cisl hanno chiesto al prefetto di Latina, Maria Rosa Trio, l’attivazione della procedura di conciliazione.
Le richieste riguardano il rinnovo del contratto nazionale scaduto nel dicembre 2018; il riconoscimento per tutti i dipendenti dell’avanzamento economico e di carriera; un nuovo Sistema di valutazione e misurazione delle performance dei lavoratori giudiziari; un piano di assunzione nazionale che, anche attraverso la stabilizzazione del precariato, immetta nuova forza lavoro; la soluzione del problema dei buoni pasto e lo sblocco della mobilità interna del personale giudiziario e la stabilizzazione dei comandati da altre amministrazioni.