“Così il clan Di Silvio portava voti a Tripodi. Il neoeletto capogruppo della Lega in Regione nelle carte dell’inchiesta sugli affari illeciti della famiglia sinti”. Questo il titolo di Repubblica.it, il portale del quotidiano “La Repubblica”, pubblicato alle 20.22 di questa sera. Una notizia visualizzata da migliaia di persone nel giro di pochissimi minuti e rimbalzata sui social. Pronta la reazione dell’interessato: “‘Siamo di fronte alla solita fake news de La Repubblica. Darò mandato ai miei avvocati di querelare il quotidiano, al quale ricordo che la responsabilità penale è personale. Chiunque divulghi questa notizia fantasiosa ne risponderà davanti ai magistrati, perché sono estraneo ai fatti e, peraltro, non sono nemmeno indagato. Questa presunta compravendita di voti non mi appartiene e non riguarda il sottoscritto. Ho sempre militato con onestà e trasparenza, come anche i miei avversari politici hanno sempre riconosciuto”. Orlando Angelo Tripodi, eletto consigliere regionale alle elezioni del 4 marzo 2018, poi nominato capogruppo della Lega in Consiglio regionale del Lazio, non ci sta e promette una querela per diffamazione: “Sto lavorando duramente per il territorio, nel ruolo assegnatomi democraticamente dall’esito elettorale, e penso di non meritarmi questa falsità. Andrò a fondo a questa vicenda senza alcun ripensamento. L’eventuale risarcimento danni sarà devoluto in beneficenza”.
Dalle carte dell’inchiesta intanto spunta il nome di un candidato in una delle liste civiche collegate alla candidatura, nel 2016, di Tripodi alla carica di sindaco di Latina, che avrebbe avuto a che fare con il clan. Un candidato non eletto. E appunto, Tripodi sottolinea che l’eventuale responsabilità penale è sempre personale.