Non è “soltanto” una questione di macchinario, che passa dal promesso tomografo Pet/Rm ibrido alla Rm 3 T. Nella rimodulazione del progetto per la realizzazione a Latina del Centro di alta diagnostica c’è ben altro ed è contenuto nella proposta di deliberazione illustrata ieri sera in commissione congiunta Urbanistica/Lavori pubblici-Ambiente/Sanità, indetta appena 24 ore prima, a cui sarebbe dovuta seguire una conferenza capigruppo in vista di un Consiglio comunale da tenersi il 26 aprile. Un’accelerata inspiegabile per un tema così complesso che ha portato in aula uno stato di comprensibile ansia di fronte alle inedite novità poste su un terreno scivoloso, alla vigilia del voto che vede candidato il sindaco Damiano Coletta per la presidenza della Provincia, ente che ha piazzato solo poche settimane fa sul tavolo dello stesso primo cittadino la richiesta di restituzione di 800mila euro già spesi per il progetto.
Quella che doveva essere una rimodulazione del progetto alla luce del diverso macchinario considerato migliorativo, sulla base del parere rilasciato dalla Società Italiana di Radiologia Medica (questione ancora non del tutto digerita dall’opposizione), sarà – stando alla bozza di delibera illustrata – un cambio di tutti gli atti sottoscritti nel 2015: protocollo d’intesa, accordo di programma e convenzione quadro. Come si è arrivati a tutto ciò?
Attraverso due tavoli indetti dal sindaco di Latina il 23 marzo 2018 e il 20 aprile 2018, a cui hanno partecipato oltre al Comune, l’università La Sapienza, la Asl, la Fondazione Sanità e Ricerca, e la Provincia di Latina, presente quest’ultima solo alla seconda riunione. Nella prima si è convenuto – è stato spiegato in commissione congiunta – di riportare il progetto all’originaria previsione realizzativa all’interno dell’ospedale Goretti (i precedenti accordi prevedevano quale location i locali comunali di via Lago Ascianghi), di dotare l’ospedale delle macchine Tac force ed Rm 3 Tesla (al posto dell’ibrida Pet/Rm) e di implementare il progetto con una sala ibrida, di destinare gli spazi di via Lago Ascianghi a servizi per l’Università in comodato da parte del Comune, di procedere alla sottoscrizione tra la Asl e l’università per l’utilizzo dei macchinari anche ai fini di ricerca. L’11 aprile il sindaco ha portato all’attenzione della Provincia l’ipotesi del nuovo accordo. Il 13 aprile la Provincia ha risposto che pur accogliendo positivamente l’evoluzione dell’iniziativa non poteva sottrarsi dal richiedere la restituzione dell’intera somma a suo tempo versata, dichiarando che la restituzione di quanto corrisposto avrebbe determinato la definitiva uscita dagli accordi sottoscritti. E’ a questo punto che la Fondazione Sanità e Ricerca – dopo aver dichiarato al tavolo del 23 marzo 2018 che la gestione del centro di alta diagnostica, come previsto dall’accordo di programma e dalle convenzioni quadro e attuativa, per un periodo di 30 anni e senza fine di lucro ed in autonomia economica/finanziaria e direzionale destinata all’intero progetto, sarebbe stata inattuabile e comunque insostenibile – si è impegnata a restituire alla Provincia gli 800mila euro richiesti al Comune e a finanziare le opere di riconversione degli spazi di via Lago Ascianghi fino all’importo massimo concordato con l’università.
Dunque, al tavolo del 20 aprile una nuova intesa sottoscritta da tutte le parti, Provincia compresa. I beni e macchinari da dare in dotazione al Goretti saranno forniti dalla Fondazione, ma ogni opera, nessuna esclusa anche preliminare, per l’istallazione sarà a cura della Asl; successivamente i beni saranno gestiti a cura, manutenzione, spese e responsabilità della Asl e Fondazione Sanità e Ricerca, conseguentemente, non avrà alcun titolo e responsabilità su detti beni e sulla loro gestione, manutenzione, ecc… che saranno di esclusiva competenza della Asl. L’intesa sottoscritta, parte integrante della bozza di delibera, si è appreso in commissione, in queste ore sta ricevendo emendamenti. Ed è per questa ragione che, alla fine, è sfumata l’ipotesi di un Consiglio comunale immediato a cui si sono opposti anche i commissari di opposizione: troppa fretta, abbiamo bisogno di tempo per capire, ragionare e approfondire.
Una commissione fiume, quella di ieri sera. Dopo la lettura della delibera da sottoporre al Consiglio comunale (la prossima settima dovrebbe tenersi quello richiesto dall’opposizione sull’argomento, ma non è stato chiarito se la proposta deliberativa della maggioranza sarà discussa nella medesima seduta), la consigliera Maria Grazia Ciolfi ha relazionato sull’argomento, cercando di fronteggiare le eccezioni sollevate: si va da un ridimensionamento del ruolo del Comune in questo progetto (darà in comodato all’università propri locali) al cambiamento dei connotati del centro di alta diagnostica. “Donare uno a più macchinari all’ospedale non rispecchia la finalità del progetto del 2015 – ha esordito il consigliere Nicola Calandrini di Fratelli d’Italia -, significa affidare la gestione degli stessi secondo le logiche del Servizio sanitario nazionale che è cosa diversa dal privato-sociale pattuito che prevedeva l’accesso al servizio a tariffe agevolate per superare le liste d’attesa del pubblico. E poi questa storia del progetto insostenibile non regge. La Fondazione Sanità e Ricerca è un braccio della Fondazione Roma che è sempre pronta a ripianare. Se non lo farà a Latina lo farà da qualche altra parte”. E in effetti il nodo dell’insostenibilità del progetto alla base della rimodulazione proposta resta da sciogliere, perché comunque quel progetto era stato sottoscritto dalla Fondazione Roma e ora lo si dichiara inattuabile. Perché prima andava bene e ora non più? “E’ stata stipulata una convenzione e va rispettata”, è stata l’obiezione ricorrente.
“Sono stati già spesi un milione e trecentomila euro, cinquecentomila dei quali a carico del Comune”, ha detto Alessandro Calvi di Forza Italia, lasciando intendere che allora anche il Comune come la Provincia avrebbe dovuto chiedere i soldi indietro. Ma l’attacco di Calvi a Lbc è stato soprattutto di natura politica, riferendosi all’imminente voto per la presidenza della Provincia che vede in “sindaco di Latina candidato, in conflitto di interesse”. Giovanna Miele, sempre di Forza Italia, ne ha fatto una questione di trasparenza. Ha contestato il metodo con il quale si è arrivati a tanto. Ha lamentato l’assenza di informazione da parte del sindaco dei tavoli in corso, senza che le competenti commissioni ne fossero a conoscenza “per poi pretendere una decisione da assumere in fretta e in furia”. “Si parla di bene comune – ha concluso – ma qual è il comune di questo bene?”.
Critica anche la consigliera Nicoletta Zuliani del Pd che ha detto che quando ci sono in ballo tanti soldi la questione diventa sospetta ed è bene approfondire: “Perché la Fondazione dice che il costo è insostenibile? Chi glielo aveva imposto?”
Dubbi sono stati sollevati anche per la location del realizzando centro di alta diagnostica presso l’ospedale, atteso che per il Goretti sono previsti interventi di ampliamento e ristrutturazione dai tempi incerti.
La bozza di deliberazione è stata avallata da pareri endoprocedimentali, firmati dai dirigenti Paolo Ferraro, Annunziata Lanzillotta, Sergio Cappucci, Umberto Cappiello e Francesco Paolo Cavalcanti, ognuno per la propria competenza, e dal parere tecnico della dirigente del Servizio Relazioni istituzionali Daniela Ventriglia.
Da quel che è emerso il cambio di rotta non è di natura tecnica ma politica. Lo ha chiarito anche l’avvocato Cavalcanti quando ha detto che la palla torna al Consiglio comunale per le valutazioni politiche circa l’interesse dell’amministrazione comunale alla realizzazione del centro di alta diagnostica.
Il rinvio dell’assise, rispetto alla seduta programmata per domani, è stata ben accolta anche da alcuni consiglieri di maggioranza. Marina Aramini a margine della commissione ha riferito che probabilmente l'”urgenza” di tornare in Consiglio era motivata dal non perdere l’occasione di aver trovato tutte le parti d’accordo con la proposta di rimodulazione.