Ferragosto pieno di polemiche alla Marina di Latina. L’estate 2016 volge ormai al suo ultimo giro di boa di una stagione difficile, anzi horribilis, uscita a pezzi dopo la sanguinosa battaglia invernale fatta a colpi di concessioni dichiarate decadute e sequestri di lidi.
Dopo la schiarita sul fronte giudiziario, comunque non ancora concluso, il Comune titolare di provvedimenti pesantissimi nei confronti degli operatori balneari gira pagina e rilascia agli stessi ampliamenti di concessione in contropartita all’effetto di erosione della costa. Il mare mangia la spiaggia in profondità mentre i lidi si assottigliano, allungandosi a destra e a manca. Un miracolo che miete altre vittime, quelle delle famiglie meno abbienti – purtroppo in crescita vista la crisi e l’impoverimento del reddito – che per andare al mare devono accontentarsi di spazi sempre più ridotti se non spariti tra uno stabilimento balneare e l’altro. Eppure in virtù del Piano spiaggia, certamente obsoleto, ma tuttora vigente, l’ampliamento di concessione in caso di particolare erosione (riduzione della spiaggia uguale o superiore al 30%) è possibile solo se permangono garantite le porzioni di arenile per la libera fruizione.
Ma in questa estate maledetta chi è tornato a mare non ha trovato la stessa spiaggia. A gomitate si fa largo sulla striscia libera dove c’è; dove non c’è cambia strada nei gironi di improbabili passerelle. Non ci sono solo quelle rotte sul lungomare di Latina, ci sono anche quelle, realizzate con fondi regionali per la libera fruizione della spiaggia, finite inglobate negli arenili dati in concessione ai privati. Certo nessuno ti può impedire di accedere allo stabilimento balneare per raggiungere la spiaggia libera: basta avere un po’ di destrezza ed evitare di prendere il palo del primo ombrellone piantato a fine passerella. Che ci vuole, in fondo al mare ci vai anche per tenerti in forma.
La stagione balneare è al suo ultimo giro di boa, l’amministrazione comunale insediatasi da poco punta a portare a termine il nuovo Pua (Piano di utilizzazione degli arenili) per il quale la Regione ha richiesto la Valutazione ambientale strategica. Stiamo all’affidamento di incarico. I Grilli e le Cicale hanno prodotto un video per mostrare l’inefficacia degli interventi di ripascimento che invece di restituire la profondità delle spiagge l’hanno ulteriormente ridotta. E grazie! Potrebbe esclamare chi ha buona memoria e ricorda lo studio dell’Ispra che proprio su Latina indicava controproducenti interventi rigidi. Oggi si teme il raddoppio del porto di Anzio mentre sfugge nelle immagini che scorrono lente la duna devastata dall’uomo. Chissà che fine ha fatto l’esposto datato 13 giugno 2013 indirizzato alla Procura della Repubblica volto a denunciare lo sbancamento, con ruspe meccaniche, di una porzione di duna ricoperta da vegetazione per fare largo ad un terrazzamento in legno utile all’allestimento di un’attività economica? Ma non è che dal mare si è preteso un po’ troppo?
“Forse è stato un errore di fondo, in cui è caduto anche il Ministro dell’ambiente Galletti, considerare il territorio e l’ambiente esclusiva servitù delle attività ludiche, produttive ed economiche dell’uomo – ha dichiarato nei giorni scorsi Franca Maragoni, presidente del Wwf Litorale Laziale -. La pesca, lo sfruttamento delle coste per il turismo e la cementificazione sono state, e sono ancora purtroppo, attività con un immediato ritorno economico ma con effetti a lungo termine devastanti. L’erosione delle coste, che tanto ha danneggiato l’ambiente e l’economia di molti territori, è frutto di una serie di attività umane tese a utilizzare la costa, immediatamente in prossimità della spiaggia, per costruzioni molto spesso private, ma anche esercizi pubblici come gli stabilimenti balneari, piccoli e grandi moli e attracchi. Di qualsiasi dimensioni siano gli interventi con strutture fisse protese in acqua influiscono sulla captazione da parte del mare, con l’effetto ondoso e in relazione alle correnti, di grandi quantità di sabbia”.
La scorsa settimana il Wwf Italia ha reso noto il dossier “Italia, l’ultima spiaggia” che censisce la costa del Belpaese in termini di cementificazione. La sorpresa è stata di leggere che “si possono ancora salvare le aree con alto grado di naturalità se si interrompe subito l’ulteriore consumo di suolo”. Peccato che tra queste l’associazione ambientalista, tra le più accreditate al mondo, citi per il litorale a Sud di Roma soltanto i 15 chilometri tra Latina e Sabaudia, già sottoposti ai vincoli integrali del Parco nazionale del Circeo. L’ultima spiaggia, appunto, l’ultima spiaggia con la “S” maiuscola. Perché poco più a nord, quella della Marina di Latina, in quanto a grado di naturalità è ridotta ai minimi termini.
L’intenzione dell’amministrazione comunale di estendere i confini del Parco nazionale del Circeo nella fascia retrodunale del litorale di competenza, nelle more che trovi la necessaria condivisione istituzionale, dovrà fare i conti con le resistenze alla sostenibilità palpabili in ogni angolo della Marina anche quando si tratta semplicemente di sgomberare sdraio e ombrelloni.