Da domani e fino al 25 agosto si terranno i talk show alla corte del Palazzo comunale di Sabaudia ‘Incontri d’autore’. Si parte domani, 9 agosto, con il fascino della Maga e la bonifica: ospiti il giornalista Stefano Orsini e il professore Mario Tieghi che presentano due libri che mettono al centro la suggestione che crea il Circeo e la grande opera di bonifica idraulica con le testimonianze dirette. L’evento, che gode del patrocinio del Comune di Sabaudia, è coordinato dall’agenzia Omicron e dal giornalista Gian Luca Campagna e la fashion blogger Stefania De Caro. L’appuntamento è dalle ore 21 con “All’ombra della Maga” di Stefano Orsini e “Quando la terra era promessa” di Mario Tieghi.
Stefano Orsini, giornalista di testate nazionali e oggi caporedattore della redazione sportiva del Tg3, apre i capitoli de “All’ombra della Maga” con un cantico dell’Odissea, perché il monte Circeo e tutto il suo specchio appartengono a quei miti e leggende che si tramandano di padre in figlio. E di padre in figlio Orsini tramanda quello che il padre gli ha insegnato, dall’apprezzare la natura ammirandola estasiato al cacciare per la sopravvivenza. Nell’incanto del Circeo la vita affonda le radici nella notte dei tempi, testimoniata dal ritrovamento del cranio di un uomo neandertaliano, per poi esaltarsi coi cantici di Omero, dove il naufrago Odisseo trova il suo rifugio, ammaliato, seppure parzialmente, dalla maga Circe. La Maga è lì, che si staglia dal nulla, antica isola cantata da Omero, scoglio aspro domato da Ulisse, che vinse le spire sensuali della bellissima Circe. Resta quel promontorio, quel capo, ammirato da Ferdinand Gregorovius durante quegli itinerari così gettonati nel Grand Tour, così ricco di fascino e suggestioni che l’hanno consegnato a chi oggi ci abita e che dovrebbe valorizzarlo da un punto di vista turistico in maniera più incisiva. Attraverso, soprattutto, la gioia di vivere e apprezzare la natura per quello che è. E sì, perché qui la natura è incontaminata. È quella stessa natura prima violata ma poi preservata dal Fascismo durante la bonifica delle Paludi Pontine, che istituì nel 1934 il Parco nazionale del Circeo, consapevole del fascino e dell’unicità di un ecosistema ancora oggi tutto da scoprire e, soprattutto, da valorizzare.
Il libro di testimonianze “Quando la terra era promessa – Storie dell’Agro Pontino e Romano” di Mario Tieghi è una raccolta di racconti da chi la bonifica idraulica delle Paludi Pontine l’ha vissuta, da chi s’è insediato nel territorio bonificato e ha partecipato al processo successivo dell’antropizzazione. Il docente di Lettere, con all’attivo altre due pubblicazioni, “Sabaudia storia viva di una Città nei racconti dei protagonisti” (1999), e “Sabaudia e le Delibere Podestarili” (2003), ha così concluso la trilogia, proseguendo sul filone della ricerca e dell’approfondimento della storia dell’immigrazione laziale. Nel testo sono presenti una serie di interviste, con interventi diretti e testimonianze vive. Appaiono i ricordi sinceri dei protagonisti delle opere di bonifica delle Paludi Pontine, dell’inaugurazione di Sabaudia, di Pontinia e di Pomezia. Una “Terra Promessa” in cui accaddero tanti episodi, tra i quali, la difficile convivenza tra pionieri e gente del luogo, l’incombente ombra della morte per la malaria, le riprese del kolossal storico Scipione l’Africano, le visite del Duce, l’orrore del periodo bellico, l’instabilità conseguente agli sfollamenti della popolazione, il lento rinascere della civiltà con le imprese balneari, le isole del Dodecaneso ed inoltre il complesso rapporto Italia-Libia fino all’accoglienza degli italiani espulsi da Gheddafi. Interventi diretti, testimonianze vive, analisi circostanziate. Ma, appunto, soprattutto interviste. L’autore ci regala uno scrigno da cui si aprono i ricordi sinceri di chi la bonifica delle Paludi Pontine e l’antropizzazione di Sabaudia e delle città confinanti l’ha vissuta, tra fame, disperazione e speranze: il professor Tieghi fissa la vita di una città con le parole dirette dalla vibrante voce dei testimoni del tempo, attraverso un linguaggio che i pionieri ancora oggi usano, fondendo la memoria individuale con quella collettiva.