Sostenere il Commercio “di vicinato”. Gestire il cambiamento e non subirlo!

Economia e imprese

Rubrica settimanale 

di Ivan Simeone 

i.simeone@virgilio.it 

Ivan Simeone


Questa campagna elettorale europea sta mettendo in evidenza, grazie anche al lavoro
posto in essere dalla Presidente di Confesercenti nazionale Patrizia De Luise con i webinar per i candidati(https://www.youtube.com/@ConfesercentiNazionale) il problema di ridare vigore al mondo del commercio di vicinato; realtà produttiva oggi in affanno e che in sé racchiude una propria tipicità quale il rapporto familiare con la clientela che va a coniugarsi con la qualità del prodotto e la presenza nel quartiere.

È indubbio che stiamo vivendo un momento storico che vede processi di cambiamenti commerciali molto veloci. Si susseguono le sfide dalla digitalizzazione delle nostre attività, ai processi di marketing innovativi alla grande sfida dell’e-commerce. Tutto si muove con estrema velocità e, conseguentemente, dobbiamo essere pronti nel gestire questi cambiamenti. Alternative non ci sono. Il progresso cammina e non si può certamente contenerlo. Il progresso e il cambiamento possono anche essere delle opportunità. Sta a noi coglierle.

Il Documento nazionale di Confesercenti in vista delle prossime consultazioni europee, è molto chiaro in proposito.Tra i vari punti evidenziamo quello relativo al confronto con le grandi piattaforme online e quello dedicato alla sempre maggiore attualizzazione della risoluzione del parlamento europeo del 17 gennaio 2023, che oltre ad invitare la Commissione europea alla costituzione della Capitale Europea del commercio Locale, come strumento di sensibilizzazione europea dei “negozi di vicinato”, invita gli Stati membri a sostenere le attività commerciali tradizionali anche come strumento di presidi sociali territoriali ed elementi vivificanti delle nostre Città.

Non possiamo più seguire passivamente le parole del politico di turno, ma bisogna avere riscontri concreti sui territori. Certamente in ottica propositiva e concertativa ma bisogna avere risposte concrete e fatti.

Il documento elaborato dalla Confesercenti provinciale di Latina, “Territorio ed Economia, gestire il cambiamento e non subirlo” dello scorso 14 maggio, ha fotografato, con numeri e percentuali ripresi da dati nazionali e di Osserfare, una situazione che oscilla tra la stagnazione e un lento e impercettibile “affanno” delle micro-attività locali, ad eccezione delle poche eccellenze di imprese che –pur avendo stabilimenti in loco- operano al di fuori del nostro territorio.

Nel 2022, su “Latina Città”, sono state censite circa 658 attività commerciali (nel 2012 erano circa 724) e si evidenzia un altissimo turnover di aperture/chiusure. Si rilevano costi di affitto troppo alti per l’attuale situazione economica e troppe sono le saracinesche che sono “abbassate” nelle aree meno centrali della Città. Ovviamente questo è un problema che attanaglia un po’ tutto il Lazio-sud. Il problema della desertificazione dei Centri storici cittadini, che registrano sempre meno attività commerciali tradizionali e sempre più attività di somministrazione sta cambiando l’immagine delle nostre città.

Complessivamente, nel 2023, il tessuto economico pontino ha registrato un tasso di crescita d’impresa pari ad un +0,96 contro uno 0,79 della provincia di Frosinone. La media del Lazio è stata del 1,59 contro quella nazionale dello 0,70. Regge il comparto edile anche se segna oggi segnali di affanno a causa delle incertezze relative ai crediti d’imposta e alle politiche dei bonus. In ripresa il settore della ristorazione con un +17% rispetto al 2022. Aumentano i servizi, B&B e affittacamere.

A livello del commercio della nostra provincia, i dati ci rivelano una situazione impantanata tra una crisi strisciante ed un eccessivo turnover. Una difficoltà dovuta principalmente dalla mancanza di liquidità da parte delle “famiglie consumatrici” e dalla eccessiva concorrenza delle piattaforme on line.

Nel 2023 le attività hanno totalizzato ben 13.911 unità con un aumento minimo del 2022 pari ad un +0,12%. Diverse sono state nel 2023 le cessazioni. 654 sono le attività commerciali che hanno chiuso.

Sono questi freddi numeri e percentuali. Come sempre cerco di evidenziare, uno 0,1% in più o in meno non fa la differenza; bisogna vedere cosa ci sta dietro le percentuali: famiglie di imprenditori, dipendenti e tutto un indotto produttivo fatto di servizi e partite IVA, cui dare delle risposte e un futuro.

Vi è oggi l’esigenza di una nuova politica commercialea tutti i livelli.

Troppo spesso si favoriscono le grandi realtà imprenditoriali a discapito delle attività produttive familiari. Lo vediamo in primis con il credito che mortifica sempre più le nuove attività, start up e micro-attività tra artigiani e commercianti, come per i bandi di finanza agevolata, ad eccezione di qualche misura regionale che ancora lascia qualche possibilità di intervento alle micro-attività.

Certamente alla base di tutto vi sono alcuni punti comuni: una esigenza di cambio di mentalità da parte del commerciante “storico” il quale deve adeguarsi ai cambiamenti; una politica locale che deve porre in primo piano il piccolo imprenditore e la consapevolezza che il “Commercio di vicinato” ha un valore di presidio sociale cittadino e non solamente economico.

Il Commercio, le piccole attività del territorio, le botteghe artigiane sono il cuore pulsante di una Città, di una Comunità locale. O si comprende questa realtà o si è destinati ad una sempre maggiore desertificazione dei nostri centri urbani, con tutto quello che ne potrà poi conseguire.