Più alto e possente che mai, King Kong torna al cinema a dodici anni di distanza dal film di Peter Jackson. Ma stavolta la storia è diversa, collocandosi in un “MonsterVerse” ideato dalla casa di produzione Legendary Pictures, che intende far poi scontrare lo scimmione contro il gigantesco Godzilla. Nonostante la novità nella narrazione però, il film intrattiene ma non conquista.
Nel 1973 un gruppo di scienziati, soldati ed esploratori si avventura nelle profondità di una mitica e sperduta isola del Pacifico, tanto pericolosa quanto affascinante. La squadra procede inconsapevole di entrare nel dominio del potente Kong, innescando una battaglia tra uomo e natura, e la missione di scoperta diventerà una lotta per la sopravvivenza.
Chiamato alla regia il giovane Jordan Vogt-Roberts, fino ad ora regista di film indipendenti e che si trova qui alle prese con il suo primo grande budget, egli ha il merito di costruire una messa in scena efficace ed attraente, ispirandosi ai celebri film sulla guerra del Vietnam come Apocalipse Now e Platoon. La sua regia è dinamica ma molto precisa, si muove senza confondere o annoiare, dimostrando a più riprese l’amore e la devozione che nutre per la storia di Kong.
Ciò che funziona meno è invece la sceneggiatura, scritta ad otto mani tra cui quelle del celebre Dan Gilroy, che si propone di non trattare Kong come il protagonista, ma spostando invece l’attenzione sulla celebre Isola del Teschio. Tuttavia il film sembra andare di fretta, e la voglia di approfondimento di questa non viene soddisfatta appieno, lasciando molte cose in sospeso e tanto da voler ancora vedere e scoprire. Il secondo atto del film è infatti ricco di dialoghi sciocchi, di situazioni squilibrate, e di continue e fastidiose citazioni cinefile. Se il pregio è quello di non consegnarci la solita storia vista e rivista di Kong che si innamora della bella, la nuova linea narrativa sembra non avere una direzione precisa da seguire, se non la mera introduzione di una serie di realtà e personaggi, finendo così con il perdersi in una successione di eventi che però non coinvolgono lo spettatore come dovrebbero. Allo stesso modo, poco riusciti sono i personaggi principali, che si presentano stereotipati, con un passato poco o nulla approfondito e privi anche di un minimo spessore psicologico, e a cui il talento di attori come Brie Larson, Tom Hiddleston, e John Goodman poco può aggiungere. Si salvano in parte personaggi interpretati da Samuel L. Jackson e John C. Reilly, i quali presentano un minimo approfondimento della loro personalità e delle motivazioni che li muovono.
Il film trova la sua rivalsa dal punto di vista tecnico, con la fotografia di Larry Fong a spiccare su tutto. Già direttore della fotografia di Watchmen, Fong adatta qui benissimo la tradizione ereditata dai film sul Vietnam prima citati, confezionando un’atmosfera densa e calda, con colorazioni intense, rendendo le inquadrature ricche di grande gusto visivo. Gli effetti speciali sono naturalmente molto curati, presentandoci creature e ambienti realistici e affascinanti. Lo stesso Kong spicca per la grande precisione al dettaglio con cui è stato realizzato, e le grandi scene action che lo vedono coinvolto ne sono un perfetto esempio.
Kong: Skull Island è certamente meno appassionante del Godzilla diretto da Gareth Edwards nel 2014, ma riesce certamente ad affermarsi come un discreto blockbuster in grado di intrattenere il pubblico, deludendo però alcune aspettative, specialmente dal punto di vista narrativo, che gli avrebbero invece consentito di conquistare anche il cuore dello spettatore. Alla fine, l’eroe che salva l’intera operazione è naturalmente il re Kong.
Kong: Skull Island, diretto da Jordan Vogt-Roberts con Brie Larson, Tom Hiddleston, John Goodman, Samuel L. Jackson e John C. Reilly è in sala dall’8 marzo nei cinema di Latina (Oxer, Corso Multisala), Aprilia (Multiplex Village Cinemas), Formia (Del Mare Multisala), Gaeta (Cinema Teatro Ariston) e Terracina (Teatro Traiano).