Un licenziamento illegittimo che si conclude con la reintegrazione sul posto di lavoro. E’ la storia di un lavoratore di Latina licenziato al termine di una procedura di mobilità chiusa da Natuna spa (multinazionale leader nel settore dei servizi integrati per le aziende pubbliche e private con sede legale su Roma ma presente nel territorio pontino), nel marzo del 2014 a fronte di un esubero di personale di 11 unità tra i quali venne individuato anche il lavoratore in questione. L’azienda sosteneva, nell’applicazione dei criteri di scelta previsti dall’art. 5 L. 223/91, di doverlo sacrificare per esigenze tecnico produttive e per la forte crisi aziendale. Ma il giudice Gatani del Tribunale di Latina ha valutato diversamente la vicenda e con ordinanza immediatamente esecutiva ha accertato l’illegittimità del licenziamento in capo al lavoratore condannando l’azienda alla reintegra sul posto di lavoro.
IL LEGALE. Piena soddisfazione da parte del legale del lavoratore Fabio Leggiero: “Il Tribunale – dice – ha accertato oltre ogni ragionevole dubbio l’illegittimità del provvedimento di licenziamento contro il mio assistito, violando i criteri di scelta di cui all’art. 5 L. 223/91 in materia di mobilità, poiché l’azienda Natuna non ha svolto una valutazione complessiva e comparativa di tutti i dipendenti tra i quali è stata operata la scelta, incorrendo in errore e falsa applicazione della legge quando ha individuato nel lavoratore un esubero di personale rispetto ad altri lavoratori del medesimo reparto e commessa”.
I DANNI DELLA FLESSIBILITA’. “Il Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro – commenta ancora il legale – ha correttamente applicato la norma in esame ristabilendo un diritto del lavoratore leso da scelte errate di parte datoriale, la quale finalmente a distanza di oltre un anno dal licenziamento deve prendere atto della sentenza e reintegrare nei prossimi giorni il lavoratore a dispetto di un mercato del lavoro “reso selvaggio” da una eccessiva flessibilità in uscita determinata da regole di mercato imposte dal legislatore che dalla “Fornero” sino al Jobs Act, è sempre più sensibile alle esigenze di parte datoriale sacrificando sempre più spesso il diritto al lavoro”.